Racconti biblici nell’iconografia russa

Conferenza dei Proff. Igor e Natalia Samolygo

La conferenza è stata divisa in due parti: una sintetica storia dell’icona russa, intitolata “Teologia dei colori”, e una presentazione di icone che dimostrano l’influsso della letteratura biblica (e apocrifa) sui contenuti dell’iconografia russa.

L’arte cristiana – ha esordito il dott. Igor Samolygo, iconografo egli stesso con la moglie Natalia, nella prima parte della conferenza – nasce a seguito dell’edificazione delle grandi basiliche costantiniane di Terra Santa. È infatti attraverso i canoni artistici di Bisanzio che l’arte cristiana è stata portata nell’antica Rus’, come la fede e la cultura cristiana più in generale. Nell’XI secolo si apre in Rus’ la prima scuola di iconografia. È stata fondata da artigiani di Costantinopoli che tra gli anni 1073 e 1089 hanno costruito e decorato con affreschi la Cattedrale della Dormizione nel Monastero delle Grotte di Kiev. Due alunni della scuola, i santi Alipio e Gregorio, sono divenuti i primi iconografi russi, sono stati successivamente canonizzati, e i loro affreschi sono stati copiati da molti artisti-seguaci. Nel corso del tempo, diverse città della Rus’ hanno sviluppato le proprie tradizioni iconografiche. Gli studiosi considerano che le più grandi scuole di iconografia siano quelle di Novgorod, Vladimir-Suzdal, Mosca, Pskov. Inizialmente, ciascuna di queste scuole attingeva alle tradizioni iconografiche di Kiev. Col tempo, c’è stata anche l’influenza delle diverse scuole l’una sull’altra. Il cristianesimo ha portato con sé l’idea della luce spirituale interiore, che è stata attivamente accolta e sviluppata dai santi asceti. In Rus’, l’estetica della luce si è sviluppata dalla fine del XIV secolo ed è la componente più importante dell’antica iconografia russa.

L’iconografia russa ha toccato il suo apice nei secoli XIV-XV, l’epoca della grande rinascita spirituale del monachesimo sotto l’influsso di San Sergio di Radonez. I pittori riuscirono a plasmare i segreti ineffabili della visione cristiana del mondo e della teologia con la massima completezza e chiarezza possibili per l’arte di quel tempo. Teofane il Greco, Andrey Rublev e Dionisio sono i tre maggiori iconografi dell’antica Rus’. Ciascuno ha raggiunto l'apice dell’arte sacra del Medioevo, e insieme esprimono bene le dinamiche del movimento dell’antica “filosofia dei colori” russa. Per questo il relatore si è fermato sull’analisi di alcuni cicli pittorici o di alcune famose icone di ciascuno di questi autori.

Dal XVI secolo l’arte inizia ad essere pervasa da influssi occidentali, e così nella seconda metà del XVII secolo prevale la teoria “storico-realistica” delle immagini sacre, basata sull’esistenza dell’icona acheiropoietos di Cristo, cioè della Sua immagine non fatta da mani d’uomo. In questa corrente, l’arte, l’abilità dell’artista e l’orientamento verso la tradizione dell’Europa occidentale sono gradualmente portate alla ribalta. A poco a poco, la canonicità dell’arte sacra come base del simbolismo dell’icona viene distrutta. Dal ’700 all’800 domina nell’arte sacra la corrente realistica e la scuola accademica del disegno.

Alla fine del XIX secolo i restauratori scoprono le antiche icone, ormai oscurate e ripetutamente rinnovate. Stupiti da ciò che vedono, sentendo il potere spirituale dell’antica pittura russa, i pensatori religiosi della prima metà del XX secolo come Trubetskoy, Florensky, Bulgakov, Uspensky la definiscono accuratamente come “theoria dei colori” e “teologia iconografica”. Questi pensatori religiosi hanno gettato una base teologica per la rinascita dell’icona russa. Dagli anni Novanta del XX secolo, quando la Chiesa Russa Ortodossa ha potuto di nuovo predicare apertamente e stampare letteratura spirituale, le loro opere sono tornate in circolazione. Nell’ultima trentina di anni, la tradizione iconografica si è rafforzata, sono apparse parecchie scuole e correnti iconografiche. Sono famose: – la scuola iconografica della Laura della Trinità e San Sergio (che è anche la scuola dell’Accademia Teologica di Mosca) con i suoi insegnanti Alexander Soldatov, Alexey Alyoshin; – la Facoltà di Arti ecclesiastiche presso l’Università Ortodossa San Tichon e la Scuola dell’Istituto di pittura Surikov, entrambe a Mosca; – le botteghe di Palekh. Sono note anche diverse botteghe come “Cinabro”, la bottega del Monastero di Santa Elisabetta e molte altre.

Nella seconda parte il relatore ha focalizzato l’attenzione sui racconti biblici che costituiscono lo sfondo di molte icone. La venerazione delle icone ha un ruolo importante nella Chiesa Ortodossa ed è legata alla teologia di San Giovanni Damasceno, che affermava: “Se nell’Antico Testamento la rivelazione divina diretta alle persone avveniva nella parola, invece nel Nuovo Testamento si compie sia nella parola che nell’immagine”. San Giovanni Evangelista lo esprime con grande forza nelle parole iniziali della sua Prima Lettera: “Ciò che era dal principio, ciò che abbiamo udito, ciò che noi abbiamo veduto con i nostri occhi, ciò che noi abbiamo contemplato e che le nostre mani hanno toccato...”. Forse è per questo che sono pochissime le icone raffiguranti gli eventi dell’Antico Testamento, ad eccezione di quelle dedicate al profeta Elia.

Quindi il dott. Samolygo ha ripercorso, nell’ordine cronologico relativo con cui appaiono nella storia sacra, i principali soggetti iconografici presenti nelle icone russe: dalla natività della Vergine, passando per la sua presentazione al Tempio e l'annunciazione, alla nascita del Salvatore, alla presentazione al Tempio del divino bambino, al suo Battesimo, alla trasfigurazione sul Tabor, alla risurrezione di Lazzaro, per arrivare ai due cicli della Passione e della Pasqua, comprendenti, tra gli altri, i soggetti dell’ingresso del Signore a Gerusalemme, della lavanda dei piedi, dell’ultima cena, della preghiera di Gesù al Getsemani, del bacio di Giuda, dell’obbrobrio di Cristo, del suo portare la Croce, della crocifissione, della deposizione dalla Croce, della sepoltura, quindi delle donne mirofore al Sepolcro e dell’apparizione a Tommaso.

La conferenza, secondo le parole di saluto iniziale rivolte dal decano, prof. R. Pierri, ai numerosi presenti, ha voluto essere un tributo a questa grande tradizione artistica e spirituale, nella speranza che questa radice di cultura cristiana, che ha sempre unito Kiev e Mosca, possa essere ancora oggi un ponte di pace, nelle tragiche circostanze in cui vivono in questo momento i due popoli.

Uno speciale ringraziamento a suor Ekaterina Kopyl, nostra ex-studentessa, che ha curato la traduzione simultanea dal russo dell’intervento del relatore.