A cura di P. Antonio Tkalac
“Il popolo che giaceva nelle tenebre vide una grande luce” (Mt 4,16).
La mattina del 25 novembre, sotto le nuvole e la pioggia – assai rara nella Città Santa – iniziamo la nostra escursione in Galilea, che ormai è tradizione dello SBF. Ci dirigiamo verso una regione più fertile, dove si trovano più campi coltivati, con un paesaggio più verde rispetto alla severa Gerusalemme, segnata da colori desertici e quasi priva d’acqua.
Passando ai piedi del Monte Carmelo, raggiungiamo la prima tappa: Megiddo. E subito il sole è apparso, illuminandoci il famoso tel, cioè una collina segnata dai tantissimi strati. Il luogo era strategico, situato sull'importantissima via commerciale tra Egitto e Mesopotamia. Ecco perché questo sito fu teatro di numerose battaglie decisive.
Proseguiamo quindi attraverso la pianura di Esdrelon verso Nazaret, che san Girolamo chiamava “il fiore della Galilea”. Qui visse Gesù per 30 anni, sottomesso ai suoi santi genitori. Qui è possibile osservare le abitazioni tipiche del I secolo, costruite accanto alle grotte. Affascinati, contempliamo come le grotte in Terra Santa custodiscano la memoria dell’umanità di Dio: nascita a Betlemme, vita a Nazaret, morte a Gerusalemme. Anche gli studiosi diventano pellegrini. Recitiamo l’Angelus Domini. Dobbiamo affrettarci, prima che faccia buio, e ci dirigiamo verso Tiberiade, dove si trova l'albergo che ci ospiterà per i giorni seguenti. Accolti dalla comunità Koinonia, grati, ceniamo, preghiamo e riposiamo.
Il mattino seguente si va al punto più a nord dell’antico Israele: la città di Dan (cfr. 2Sam 24,8). Prima sosta: Tel Hazor, grande città cananea conquistata dagli israeliti. Poi, a Tel Dan, dove visitiamo un antico santuario collegato alla riforma idolatrica di Geroboamo (cfr. 1Re 12,29). Poco dopo ci troviamo accanto alle mura e alle rovine di una porta. Il docente, P. Massimo Luca, ci interpella e ci spiega. Siamo illuminati. Nell’immaginazione compare la sedia sulla quale il governatore della città riceveva gli ambasciatori (cfr. 2Sam 19,8). Ecco gli anziani: era il tribunale cittadino (cfr. Rut 4,1–2). Si rendevano oracoli (cfr. Ger 17,19–20). Si offrivano sacrifici: infatti, si vede ancora un altare. Erano i cosiddetti “alti luoghi presso le porte” (cfr. 2Re 23,8).
Proseguiamo verso Banias (Paneas), seconda sorgente del Giordano dopo Tel Dan. L’acqua oggi è scarsa e viene immediatamente captata. Un tempo il Giordano era un fiume impetuoso. Oggi invece, appare ridotto. Si torna verso sud, attraversando l’altopiano del Golan. Si ricorda il richiamo biblico alle grandi vacche, i celebri tori di Basan (Sal 22,13). Infatti, sono assai grandi! Prima di rientrare a Tiberiade ci fermiamo a Magdala, da dove proviene Maria Maddalena. Qui si può percorrere una strada del primo secolo. Ormai si fa buio. Torniamo in albergo. Bisogna riposare. «Non avrei mai pensato che nella mia vita avrei bevuto una birra guardando il lago di Galilea», dice uno studente.
Il giorno seguente il sole torna a visitarci da oriente. Oggi si va attorno al lago. Che splendida vista! Sembra un'arpa. Comprendiamo perché viene chiamato Kinneret, dal kinnor – l'arpa – strumento di Davide. Prima tappa: Chorazin. Vediamo le meduse come decorazione della sinagoga. Un simbolo pagano. Com’è possibile? Segno di ellenizzazione? Riuso di materiale? Chissà…
Proseguiamo verso El-Araj dove vediamo gli scavi in corso. Tutto lasciato all’aperto nel campo! Qui si parla della nuova identificazione di Bethsaida. È stato infatti ritrovato un mosaico bizantino dedicato all’apostolo Pietro. Ormai abbiamo imparato il principio: se vi è una chiesa bizantina, probabilmente il luogo sacro è autentico. Non lontano vi è Et-Tell, altra ipotesi, nota come Betsaida Julias, perché fondata da Erode Filippo per onorare l’imperatore. C'è ancora tempo di visitare Gamla, Sussita – città sul monte – e Gergesa, il luogo dove Origene colloca la liberazione dell'indemoniato e il precipizio dei porci.
La mattina del quarto giorno ripartiamo di nuovo dalla città fondata da Erode Antipa per onorare l'imperatore Tiberio. Il professore ci racconta che Tiberiade è anche una città sacra per i giudei. In essa i masoreti hanno vocalizzato la Bibbia. Oggi si va ad Acco, città menzionata nel NT come Tolemaide, chiamata così nel periodo della dinastia dei Tolomei, e famosa per essere stata la capitale del Regno crociato. Là si vedono le fortificazioni, gli edifici e gli ambienti sotterranei costruiti per facilitare il movimento di soldati e di mercanti.
Tornati al lago, visitiamo Tabga, prima la parte nel terreno dei Benedettini e poi quella nella proprietà dei Francescani. È il luogo dove, secondo la tradizione, avvenne il miracolo della moltiplicazione dei pani e dei pesci e dove Gesù diede il primato a Pietro. Accanto a Tabga, sempre sulle rive del Lago di Tiberiade, si trova la casa del principe degli apostoli: la città di Cafarnao, detta anche la città di Gesù (cfr. Mt 9,1). Là P. Massimo ci racconta come i frati archeologi dello SBF hanno scavato il sito. Che gioia avranno sperimentato nel fare scoperte così importanti! Oggi vi si trova un bellissimo santuario sul lago. Abbiamo avuto un po’ di tempo per la preghiera e per una visita personale. La notte si avvicina e torniamo in albergo. Riposiamo. Riprendiamo le forze. Manca poco.
Nel quinto e ultimo giorno, la prima tappa è il monte Tabor, che, con la sua forma isolata emerge dalla pianura di Esdrelon e richiama visivamente il concetto di santità – monte separato (cfr. 2Pt 1,18). Qui ci accoglie il guardiano e ci guida il nostro docente dello SBF, l’archeologo don Giannantonio Urbani. Ci spiega il contesto storico e ci mostra le scoperte degli scavi. Nella chiesa il diacono legge il Vangelo. Riflettiamo sul modo in cui Gesù manifesta lo splendore della sua divinità. Richiamiamo le parole del guardiano: lo splendore della gloria di Cristo rivela il compimento del nostro battesimo, perché sul Tabor si ripetono le parole pronunciate dal Padre al Giordano: “Tu sei mio Figlio, l’amato” (Mc 1,11). Anche noi siamo illuminati; anche noi siamo figli. Concludiamo cantando il Pater noster.
L’ultima tappa della nostra escursione è Sepphoris, il cui nome in ebraico significa “uccellino”. Il sito rivela una notevole compresenza di cultura greco-romana e di tradizione giudaica, come attestano i magnifici mosaici. Terminiamo la visita e facciamo ritorno a Gerusalemme. Al tramonto del sole giunge al compimento la nostra escursione.