È stato eletto da poco decano dello SBF. Si aspettava questa nomina? Come l’ha accolta?
Quando ci sono elezioni in vista, come avviene altrove, anche allo SBF si parla, ci scambiano opinioni su chi intendiamo votare. Ci sono state le votazioni presiedute dal nostro Rettore, suor Mary Melone, e alla fine sono stato votato io.
La carica di decano è impegnativa, richiede assunzione di responsabilità sotto qualsiasi aspetto, che si produca un atto amministrativo o che si risponda a una semplice domanda di ammissione. Il decano rappresenta la Facoltà più degli altri che ne fanno parte. Mi sarà preziosa l’esperienza maturata negli anni della Segreteria e la collaborazione dei miei predecessori perciò sono sereno.
Dal 1992 lei vive in Terra Santa e dal 2002 ha sempre ricoperto incarichi per lo SBF. Può spiegarci che tipo di lavoro ha fatto per lo SBF in questi ultimi anni?
Dopo aver conseguito la Licenza in Teologia con specializzazione biblica, fui optato come futuro docente allo SBF. Di comune accordo con i miei confratelli docenti, decidemmo che mi specializzassi in lettere classiche alla Cattolica di Milano, dove mi laureai sotto la guida della professoressa Anna Passoni Dell’Acqua, ora cara amica e collega. Era necessario garantire l’insegnamento della lingua greca, che per alcuni decenni aveva insegnato e continuava a insegnare l’eccellente padre Lino Cignelli. - Ho avuto la grazia di lavorare al suo fianco per quasi un decennio, davvero un grande dono. - Al ritorno da Milano, dopo pochi mesi mi fu affidato l’ufficio di Segretario, incarico che ho ricoperto per dodici anni. Sono stati anni impegnativi, soprattutto dopo la morte di Cignelli, ma che mi sono serviti a conoscere a fondo lo SBF.
Quali sono state le scoperte e le pubblicazioni scientifiche di maggior rilievo a cui lei ha collaborato?
Scoperte? Nel campo della filologia è difficile che si scopra qualcosa, almeno secondo l’idea comune di scoperta. Nel nostro campo si propongono nuove interpretazioni di testi, teorie riguardanti questo o quel fenomeno linguistico, si scopre una ‘legge’ o qualche tendenza d’uso, tutte cose, però, che il più delle volte conoscono solo gli addetti ai lavori. È sempre stato così. Qualche studioso ha legato il proprio nome alla scoperta di un manoscritto o di testi, qualche altro, invece, ha proposto ricostruzioni di testi nelle edizioni critiche che ha pubblicato o ha delineato alberi genealogici di manoscritti, per fare alcuni esempi, ma in questo caso non possiamo parlare di scoperte, almeno nell’accezione corrente. Il discorso potrebbe continuare, ma lei vuol sapere se a me è capitato di scoprire qualcosa. Sì, mi è capitato. Stavo studiando il testo del Vangelo di Marco tramandatoci dal codice Vaticano. A un certo punto mi accorgo che qualche mano certamente posteriore a quella del primo amanuense aveva inserito una diastolè (segno simile a una virgola) per indicare che quel determinato termine in quel luogo andava interpretato come pronome (perciò le due parti andavano separate) e non come congiunzione. Tenga presente che nel codice Vaticano, come è noto, la scrittura è continua, le parole non sono separate l’una dall’altra. Estendo la ricerca a casi simili e ‘scopro’ che la stessa mano aveva inserito la diastolè anche altrove, compresi i Settanta.
Ci sono altri soggetti, soprattutto riguardanti la sintassi del greco biblico, su cui ho riflettuto e proposto la mia interpretazione. Altre ricerche sono in corso altre giacciono nel cassetto. Prima che ci lasciasse, ho avuto il piacere di pubblicare con padre Cignelli due Quaderni sul greco biblico. Negli ultimi anni ho allargato i miei interessi anche all’epigrafia greca, ma ho pubblicato sempre in collaborazione in questo settore.
Come ha visto cambiare lo Studium Biblicum negli ultimi anni?
Mi trovavo a Milano, quando seppi che lo SBF stava per diventare Facoltà di Scienze Bibliche e Archeologia. Il decano di allora era padre Frédéric Manns. Anche a me giunse la richiesta di inviare il curriculum di studi. Non posso dilungarmi sugli antefatti che sono all’origine di questo passaggio che, dal mio punto di vista, è stato naturale, se guardiamo al curriculum di studi proposto dallo SBF ormai da alcuni decenni prima, sia per il ciclo di Licenza sia per quello di Dottorato, e se teniamo conto della storia dello SBF. Qui mi basta ricordare che Manns credette fino in fondo alle sollecitazioni della Congregazione per l’Educazione Cattolica (degli Istituti di Studi) perché lo SBF presentasse la documentazione necessaria per procedere all’erezione dell’attuale Facoltà. Gliene va dato merito. Il testimone passò a padre Claudio Bottini, che ha guidato la Facoltà con grande dedizione e ha favorito la collaborazione con altre istituzioni accademiche. La sistemazione attuale dell’aula Bagatti e della biblioteca si deve alla sua sollecitudine. Padre Massimo Pazzini ha fatto della collaborazione il suo motto e, coerentemente, ha intesificato i rapporti con l’Ecole Biblique e ha sostenuto le richieste di accordi pervenutici da alcune Università.
L’attività dei miei predecessori, naturalmente parlo di tutti e non solo di quelli menzionati, e il contributo di quanti hanno lavorato stabilmente nella Facoltà hanno concorso a dare allo SBF l’attuale fisionomia. Non solo a me ma a noi tutti dello SBF spetta continuare quest’opera e fare la nostra parte per il buon nome della Facoltà e per garantire una solida preparazione ai nostri studenti.
Quali sono le sfide che lo SBF deve affrontare per il futuro?
Lo SBF è una Facoltà della Pontificia Università Antonianum. Ora, negli ultimi anni, la PUA e lo stesso SBF, su indicazione della Congregazione, hanno condotto il processo di autovalutazione, un processo tanto lungo quanto complesso. Alla fine sembra che siamo riusciti a portarlo a termine. Bene, come ha più volte affermato il Rettore nella sua ultima visita, la commissione esterna preposta a tale processo ha suggerito di rivalutare lo SBF. In quali termini? È evidente: promuovere maggiormente le sue potenzialità. Non è questa la sede per entrare nei dettagli. A me preme mettere in risalto questo riconoscimento che non mi coglie di sorpresa. Si potrebbe obiettare che lo SBF goda del valore aggiunto che è la Terra Santa. E chi lo mette in dubbio? Anzi, bisogna sottolinearlo. Dico solo che i nostri annuari e i notiziari testimoniano costanza e dedizione alla vita della nostra scuola da parte dei docenti e del personale che ne hanno fatto parte e ne fanno parte. Come ho ricordato, sono stato segretario per dodici anni, e sempre, quando sfogliavo il notiziario fresco di stampa, dicevo tra me e me e talvolta al decano: Anche quest’anno abbiamo seminato qualcosa. Ringraziamo il buon Dio.
Lei parla di sfide. Certo, non si possono ignorare le sollecitazioni provenienti dal mondo scientifico e non solo. È necessario aggiornarsi per potere dialogare con i colleghi di tutto il mondo, non c’è dubbio. Ritengo, però, che le sfide si possano anche lanciare e non soltanto, per così dire, attenderle quasi subendole. Non le pare? La passività non mi piace. A cosa mi riferisco? La mia generazione ha una grande eredità da preservare e da valorizzare. Penso all’archeologia, alla riflessione sul paleocristianesimo, che è strettamente connessa all’esegesi e all’archeologia, alla produzione di sussidi per la nostra scuola: grammatiche e lessici. Certamente promuoverò la pubblicazione di una versione aggiornata dell’Enchiridion di padre Donato Baldi. Insomma, credo sia giusto puntare su quanto più caratterizza lo SBF, senza trascurare altri aspetti naturalmente. I più giovani hanno davanti a sé un campo immenso da esplorare. Spero che la Provvidenza ci doni persone che vogliano unirsi a noi in questa fantastica impresa.
Come lo Studium Biblicum Franciscanum contribuisce alla missione francescana della Custodia di Terra Santa?
Nella nota storica introduttiva del nostro Ordo si ricorda che lo SBF fu ideato dalla Custodia nel 1901. Poi via via seguono le tappe successive che si concludono con la svolta del 2001, quando lo SBF è stato eretto a Facoltà di Scienze Bibliche e Archeologia. Tutto corretto ma, guardando con più attenzione alla storia della Custodia, il seme dello SBF era già stato gettato prima. Le opere sui luoghi santi di padre Bernardino Amico e padre Francesco Quaresmi, il primo pugliese, il secondo lombardo, risalgono alla prima metà del diciassettesimo secolo. E soprattutto nell’opera di Quaresmi vi è una visione che va oltre i luoghi santi in sé. I loro lavori non sono certamente gli unici prodotti dai frati di Terra Santa. All’ideazione nel 1901 dello SBF concorsero anche altri fattori storici più prossimi, ma in quella data a me sembra che abbia semplicemente preso corpo in forma istituzionale quanto avevano fatto nel corso dei secoli i frati di Terra Santa. Non semplici custodi di quei luoghi ma anche studiosi di quei luoghi.
Lo SBF continua quest’opera di ricerca e di riflessione per la CTS, anche se, come Facoltà, ha dovuto allargare necessariamente i propri interessi ad altri campi. È indubbio che lo SBF si deve alla CTS, come non vi sono dubbi sul contributo qualificato che lo SBF ha dato e continuerà a dare alla CTS e alla comunità cristiana locale e non solo a quella cattolica sul piano culturale.
Beatrice Guerrera