La città di Bet Guvrin (o Beit Jibrin in arabo) divenne capoluogo dell’Idumea dopo la distruzione di Maresha del 40 a.C. operata dai parti.
Prese il nome di Eleutheropolis, "la città dei liberi" (Colonia Lucia Septimia Severa) verso il 200 d.C., quando l’imperatore Settimio Severo la elevò al rango di polis. Con questo nome ricorre in tutte le fonti di epoca romano-bizantina. Era abitata anche da una consistente colonia giudaica tra cui alcuni amoraim, cioè esperti della Mishna (II secolo d.C.).
In epoca bizantina Eleuteropoli divenne ben presto cristiana e fu sede episcopale. Il primo vescovo è stato Macrino, che prese parte al concilio di Nicea (325 d.C.). La storia cristiana di Eleuteropoli è ricca di personaggi e di avvenimenti di rilievo, vedi la cronaca dei 60 martiri di Gaza (638 d.C.). Di Eleuteropoli era originario Epifanio vescovo di Salamina (315-403 d.C.), autore del Panarion, un trattato contro le eresie.
Pianta archeologica della città
A. Città romana e bizantina (Eleutheropolis), crociata (Gibelin), araba (Beit Jibrin)
La ricerca archeologica sulle antichità di Beit Jibrin dura da più di un secolo. I primi ritrovamenti furono casuali. Si tratta di pavimenti mosaicati di epoca bizantina appartenenti a chiese e monasteri cristiani. Il più notevole dei mosaici è esposto al Museo Haaretz di Tel Aviv. Altri mosaici sono conservati all’interno del kibbutz di Bet Guvrin.
La presenza di necropoli poste a est e a ovest del sito archeologico ha attirato da sempre la curiosità dei ricercatori. Sono state ripulite centinaia di tombe nelle quali si trovano molti modelli di sepoltura, numerose decorazioni e simboli religiosi.
Data la composizione mista della popolazione di Eleuteropoli sono riconoscibili segni pagani, giudei e cristiani.
L’anfiteatro romano
Gli scavi regolari iniziati nel 1982 da A. Kloner hanno messo in evidenza una piccola arena di epoca romana (III secolo d.C.) pressoché intatta, destinata ai combattimenti dei gladiatori.
L’arena ha un raggio di 20 m (corto) o 25 m (lungo) e poteva accogliere 500 spettatori. Fu inaugurata al tempo di Settimio Severo (200 d.C.) e fu dismessa dall’imperatore cristiano Arcadio (383 d.C.).
La cittadella crociata
Sopra le strutture romane si trovano le rovine del complesso di epoca crociata, che comprende la rocca residenziale fortificata e la basilica.
Il re Folco d’Angiò volle costruire la cittadella di Eleuteropoli come bastione protettivo di Gerusalemme (1134). La cittadella (in francese: Gibelet, Bet Gebeli, Gibelino) era circondata, infatti, da un possente muro difensivo.
Vi era un forte di 46x48 m, voluto dal re Folco d’Angiò nel 1143. Al suo interno si nota il riuso di pezzi marmorei di epoca bizantina.
Dai documenti di epoca crociata si conoscono i nomi di due chiese: una dedicata a S. Maria e una a S. Giorgio.
La basilica della città crociata fu voluta dal re Folco d’Angiò (1136-1137) e assegnata agli ospitalieri. La pianta misura 12x28 m. Nel pavimento sono stati riusati marmi e colonnine provenienti da precedenti chiese bizantine.
Gli ospitalieri difesero la cittadella fino all’arrivo dell’esercito di Saladino. I nuovi occupanti ayyubidi riusarono il castello e trasformarono la chiesa della città in moschea.
Testo: cfr. P. Kaswalder, "Shefela. Nella terra dei liberi", Terrasanta 7.3 [2012] 56-61.
Foto: Rosario Pierri