Giovedì 24 novembre 2022 nella Sala San Francesco, presso il Convento di San Salvatore, il Prof. Bruno Callegher ha tenuto la conferenza:
Oltre il mainstream: Khirbet Qumran alla prova dei dati monetali.
Una rilettura dell’insediamento di Qumran alla luce delle monete trovate negli scavi.
Il prof. Bruno Callegher è professore ordinario di Numismatica all’Università degli Studi di Trieste e membro del comitato scientifico del Museo SBF.
Segue una sintesi dell'intervento a cura del Prof. Callegher.
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Le campagne di scavo condotte da Roland De Vaux e Gerald Lankester Harding a Khirbet Qumran tra il 1951-1956 permisero non solo di mettere in evidenza la complessa disposizione insediativa del sito, ma anche di recuperare una cospicua documentazione della cultura materiale (manufatti, ceramiche, strumenti) e anche una grande quantità di monete: circa 800 esemplari in rame di modestissimo valore e un grande tesoro di circa 560 tetradrammi di Tiro. Era una quantità davvero ragguardevole, era le più cospicue rinvenuta in scavi archeologici di quegli anni.
De Vaux affidò il grande tesoro di tetradrammi a Henry Seyrig (Direttore dell’Institute Français d’Archeologie di Damasco) mentre i ritrovamenti isolati furono assegnati al giovane Augustus Spijkerman (direttore del Museo dello Studium Biblicum di Gerusalemme). La ricerca d’archivio ha fatto emergere la loro rara capacità di affrontare una documentazione numismatica complessa, in un momento pionieristico in questo ambito di studi. Tuttavia la loro ricerca rimase inedita e De Vaux non l’utilizzò che marginalmente nel costruire la sua periodizzazione del sito di Khirbet Qumran. Di fatto, una volta conclusi gli scavi e fissata una cronologia su base monetaria (cosa di più semplice?) si stabilì un legame tra le grotte, il sito e i “rotoli” manoscritti. Le monete, però, pur studiate, rimasero inedite. Su di loro fiorirono perfino delle leggende: furono ritenute scomparse, vendute, nascoste, irrecuperabili.
Tramite la ricerca archivistica presso l’Ecole Biblique e lo Studium Biblicum si è ricostruita la vicenda sia del grande tesoro sia dei ritrovamenti isolati. Il primo fu diviso tra il Rockefeller Museum e l’Autorità archeologica della Giordania, le piccole monete di bronzo furono conservate nel Museo dello Studium, dove sono state recuperate, fotografate e studiate ricollocandole nel loro contesto archeologico di rinvenimento in molti casi. Al di là dell’identificazione, esse sono state poste in relazione con analoghi rinvenimenti monetali di importanti insediamenti dell’area del Mar Morto: con Gerico, Ain Feshkha, En-Gedi, Masada e anche con Calliroè e la fortezza di Macheronte.
Ovviamente la moneta nel mondo antico conosceva una circolazione, restava in uso per molti e molti decenni dopo essere stata coniata. Inoltre, il suo uso era meno frequente di quanto possiamo supporre sulla base della nostra attuale esperienza d’uso di questo strumento per i nostri scambi. Ne consegue che se in un sito, come nel caso di Khirbet Qumran, si trovano centinaia e centinaia di piccole monete un po’ in tutti gli ambiti dell’insediamento, si può supporre che gli scambi fossero molto frequenti. Trattandosi poi di monete con modesto valore, lo scambio doveva riguardare beni al più basso livello di prezzi. Una circostanza simile si verificava là dove domanda e offerta di beni veniva regolata attraverso il mezzo monete, caratteristica di luoghi da definirsi pur con qualche cautela linguistica, dei “mercati”.
Una simile deduzione, fondata su dati effettivi (le monete di modesto valore nello scavo) confligge con non poche ipotesi su questo sito, ritenuto a lungo abitato da Esseni, una comunità piuttosto isolata, non incline a far ricorso alla moneta. E questo incide anche sulla connessione tra sito, grotte, redazione e nascondimento dei rotoli nelle grotte circostanti.
Molti studiosi, iniziare da De Vaux riconoscevano alla documentazione monetale, una funzione primaria sia per la periodizzazione cronologica sia per l’interpretazione complessiva del sito. Ma ad oggi tutto questo era rimasto inedito oppure pubblicato con non pochi errori e qualche mistificazione.
Chi abitò, dunque, su questo plateau? Senz’altro un gruppo aperto allo scambio, praticato intensamente e a lungo, almeno a partire dalla metà del II secolo BCE e almeno fino alla caduta di Masada, forse anche qualche decennio dopo. E soprattutto ben integrato nella dinamica dell’uso e della circolazione monetaria dell’area. Tenuto conto che la data della coniazione non coincide affatto con la data della sua perdita e del mancato recupero, ma che questa può avvenire anche a distanza di decenni, Khirbet Qumran può ora essere riesaminato sotto una nuova prospettiva, più aderente alla documentazione raccolta e svincolata da schemi interpretativi.