La stele di Mesha

Sommario

1. Introduzione
2. Il testo
3. Termini particolari dell’iscrizione
4. Lo stile narrativo
5. Alcune ipotesi di lettura delle linee 31-32
6. Note
7. Bibliografia

 

Introduzione

Mesha fu un re di Moab vissuto nel IX secolo a.C. noto per una stele che porta il suo nome. Il sovrano fece scolpire l'iscrizione su una pietra monumentale di basalto per celebrare la vittoria e l'indipendenza del regno moabita dalla casa d'Israele. La stele è la fonte più importante della storia di questo regno.

F. A. Klein la rinvenne nel 1868 durante gli scavi di Tell Dibon; in seguito C. S. Clermont-Ganneau riuscì ad acquistarla e trasportarla a Parigi dove è esposta nel Museo del Louvre.

L'iscrizione è scritta in lingua moabita, una derivazione del dialetto cananaico che ha le lettere simili a quelle ebraiche e fenicie. Descrive la conquista dei territori a nord dell'Arnon, a quel tempo amministrati dai re di Israele, che nella stele sono i regni di Omri e del suo figlio (linee 5-6). A costoro Mesha attribuisce le disgrazie della sua terra.

Della ribellione di Mesha si parla anche nella Bibbia, naturalmente in una prospettiva diversa. Si legge che Mesha fu sconfitto da Ioram, re di Israele, e Giosafat, re di Giuda (cfr. 2Re 3)[1].

 

Il testo

Stele di Mesha, Ginsburg 9
1. Il testo dell'iscrizione
Stele di Mesha, Trascrizione Ginsburg 6
2. Trascrizione in caratteri ebraici

Ecco una traduzione dell'iscrizione[2]:

1-2   Io sono Mesha figlio di Kemosh(-yat) re di Moab il Dibonita. Mio padre regnò su Moab per trent’anni
3   e io regnai dopo mio padre.
Feci questo altoluogo per Kemosh in Qerihoh[3],
4   altoluo(go di sal)vezza perché egli mi salvò da tutti i predatori e perché mi fece aver la meglio su tutti i miei nemici.
5   Ora Omri re di Israele, egli oppresse Moab per molti giorni
6   perché Kemosh era adirato con la sua terra. Gli successe suo figlio e disse anche lui: Opprimerò Moab! Fu nei miei giorni che egli disse così,
7   ma ebbi la meglio su di lui e sulla sua casa. Ora Israele era perita di perdizione perenne,
8   ma Omri (ri)occupò la terra di Madaba. Abitò in essa nei suoi giorni e per metà dei giorni di suo figlio, per quarant’anni,
9   ma Kemosh la restituì nei miei giorni. Io costruii Baal-maon[4], feci in essa il canale dell’acqua
10   e costruii Kiryaten.[5] Ora gli uomini di Gad avevano abitato nella terra di Atarot[6] da sempre
11   e il re di Israele aveva costruito per sé Atarot. Ma io combattei contro la città e la presi.
12   Uccisi tutto il po(polo della) città come spettacolo per Kemosh e per Moab. Riportai da là Ari’el il suo condottiero[7]
13   e lo trascinai davanti a Kemosh in Keriot.
14   Posi in essa gli uomini di Sharon e gli uo(mini) di Maharat.[8] Poi Kemosh mi disse: Va’, prendi Nebo[9] a Israele!
15   Andai di notte, combattei contro di essa dallo spuntar dell’alba a mezzogiorno.
16   La presi e (la) uccisi tutta, settemila uo(mi)ni e (ragaz)zi,
17   e inoltre donne e (ragaz)ze e donne incinte, perché a Ashtar-Kemosh l’avevo votata.
18   Presi da là i (va)si di YHWH e trascinai essi davanti a Kemosh.
19   Ora il re di Israele aveva costruito Yahaz[10] e aveva abitato in essa mentre fece guerra contro di me. Ma Kemosh lo cacciò da davanti a me
20   (e) io presi da Moab duecento uomini, tutto il suo meglio?. Li portai contro Yahaz
21   e la presi annettendola a Dibon.
22   Sono io che ho costruito Qerihoh, le mura delle ‘foreste’ e le mura dell’acropoli, io ho costruito le sue porte e io ho costruito le sue torri.
23   Sono io che ho costruito la reggia
24   e io ho fatto gli argini del cana(le per la sorgen)te dentro la città.? Poiché non c’erano cisterne dentro la città a Qerihoh,
25   dissi a tutto il popolo: Fatevi ciascuno una cisterna nella sua casa.
26   Sono io che ho scavato fossati? per Qerihoh con prigionieri di Israele. Sono io che ho costruito Aroer,[11] io ho fatto la strada nell’Arnon.[12]
27   Sono io che ho costruito Bet-bamot poiché era distrutta.
28   Sono io che ho costruito Bezer[13] poiché (era) in rovina con cinquanta (uomi)ni di Dibon, poiché tutta Dibon era soggetta.
29   Sono io che ho regna(to sulle) centinaia nelle città che ho annesso al paese.
30   Sono io che ho costruito (anche Mada)ba[14] e Bet- diblaten. E Bet-Baal-maon,
31   portai là i (miei) pa(stori per pascere il) gregge del paese. E Hauronen,[15] --
32   ----- abitò in essa ------------- Ma Kemosh mi dis(se): Scendi, muovi guerra a Hauronen! Io scesi,
33   (mossi guerra alla città e la presi. E così vi abitò) Kemosh nei miei giorni. E------ da là die(ci/ venti) ---
34   ----------------------------- ---------l’anno ---
35   Sono i(o) che ------------------------------------------

 

La prima riga dell'iscrizione è incompleta perché danneggiata. Solitamente in essa si riportano i nomi del re e della sua famiglia, in particolare è ricordato il nome del padre. L'informazione tuttavia è stata completata grazie a un'iscrizione moabita recuperata ad al-Kerak dove si legge: Mesha il dibonita, figlio di Kemosh-yat.

Il sovrano ricorda le opere realizzate per rifondare e rinsaldare alcune strutture del suo regno: la ricostruzione della capitale Dibon e delle altre città, le fortificazioni sul Wadi Mujib-Arnon, la creazione di cisterne. Afferma inoltre di aver espanso il suo regno e di aver distrutto alcune città israelitiche tra le quali Nebo.

 

Termini particolari dell’iscrizione

Alcuni termini dell'iscrizione hanno attirato la nostra attenzione, per il loro significato e per le risonanze che hanno con la Bibbia.

Nella linea 17 troviamo il verbo ḥrm[16] che nel Testo Masoretico significa "distruggere, votare allo sterminio" ed è conforme alle regole della guerra santa (Gs 6,17). Il ḥrm proclamato da Mesha è simile a quello che leggiamo nei racconti biblici delle composizioni deuteronomistiche. S. Segert identificò in questi racconti di sterminio una struttura narrativa che prevede un oracolo di origine, la partenza, la guerra, la conquista della città o del territorio annunciato dall'oracolo, l'uccisione della popolazione (ḥrm), il bottino che è votato alla divinità. Lauren A. Monroe riprende lo schema di Segert e confronta il racconto della stele di Mesha con il racconto della conquista di Ai (Gs 8).

I due racconti hanno un altro elemento comune, quello della costruzione di un luogo di culto (bama, altoluogo in Mesha, linea 3; un altare sul monte Ebal in Gs 8,30)[17]. Secondo L. Monroe la realizzazione di un luogo di culto e il ḥrm sono espressioni integrali ed esclusive del rapporto tra il popolo conquistatore e il proprio dio con il quale l'alleanza è rafforzata. Il ḥrm protegge la relazione popolo-divinità, mentre la realizzazione del luogo di culto consacra la conquista, attribuendola alla divinità stessa. Tuttavia, il significato di ḥrm non si esaurisce in questo aspetto, ma genera ulteriori sviluppi[18]. Il ḥrm afferma innanzi tutto l'identità collettiva del popolo, la sua origine e la sua missione, che si riconoscono nel servizio alla divinità. La divinità combatte il dio rivale e gli effetti della guerra santa si colgono nell'eliminazione del nemico compreso come popolo, che venera un altro dio e subisce lo sterminio di massa, e nella distruzione del tempio del dio rivale. La divinità vincitrice stabilisce l'ascesa politica dei conquistatori ai quali conferisce elezione e incute timore alle nazioni circostanti. Questi aspetti correlati sottintendono il concetto biblico di alleanza. La vittoria nella guerra santa è benedizione ed è segno attualizzante dell'alleanza stessa. L'alleanza richiede di essere onorata da tutto il popolo con l'obbedienza alle leggi che la guerra stessa impone, "votare allo sterminio" e riservare alla divinità il bottino. In caso contrario, anche per la disobbedienza di uno solo dei membri del popolo, gli effetti della collera divina si riversano sul popolo intero (cfr. Gs 7,1; 1Sam 15,18-19).

Nelle linee 14-18 della stele si legge che Mesha conquistò la città di Nebo e che dedicò a Kemosh i vasi presi da YHWH. La notizia comunica in modo indiretto che nella città di Nebo esisteva un santuario dedicato a YHWH, frequentato dalle tribù transgiordaniche (Ruben, Gad e parte di Manasse). L'interessante dato epigrafico anticipa quello che negli ultimi decenni è stato confermato con le ricerche archeologiche. Nel territorio degli antichi regni di Israele e di Giuda sono stati riportati alla luce numerosi edifici di culto costruiti durante il periodo della monarchia e dedicati a YHWH.[19] I dati archeologici e alcuni passi della Bibbia hanno chiarito che fino alla riforma di Giosia (VII secolo) esistevano nel paese numerosi luoghi di culto propri di YHWH. Giosia con la riforma del culto fece distruggere tutti i luoghi sacri e le alture delle porte (2Re 23,8), elevò Gerusalemme a centro unico del culto di YHWH e stabilì l'unicità del tempio presso il quale si dovevano celebrare le feste religiose e i sacrifici (Dt 12,4-7). I ritrovamenti archeologici e le fonti letterarie fanno cogliere l'evoluzione della religiosità del popolo di Israele nella riflessione e nella comprensione del mistero di Dio.

Nella linea 18 è scritto יהוה il nome di Dio. I caratteri dell’iscrizione confermano che nella lingua moabita Dio era conosciuto con questo nome, così come lo è per il popolo di Israele, e che esso non solo era noto anche agli altri popoli ricordati nella Bibbia ma si pronunciava. Il popolo di Israele ha posto particolare attenzione sull'impronunciabilità del nome divino[20], fatto che ha caratterizzato il modo di scriverlo e di pronunciarlo da cui derivano le forme più conosciute, quella della scrittura YHWH in caratteri maiuscoli e quella della pronuncia Jehovah oppure Adonai. Queste legittime osservazioni non vanno però applicate alla stele di Mesha perché il sovrano non era soggetto alla legge mosaica, non era cioè "suddito" di YHWH. Egli non dovette sottostare ai vincoli legali e cultuali della religione israelita e poté scrivere il nome di Dio liberamente. In questo modo la sua testimonianza diventa particolarmente importante perché la scrittura del nome divino così com'è scolpita sulla stele, risulta essere quella più antica finora conosciuta e conferma che il nome divino è rimasto invariato nel tempo[21].

 

Lo stile narrativo

... Lo studio sintattico del testo della stele ha consentito ad A. Niccacci di osservare che l'opera fu scritta secondo l'arte della composizione antica, una tecnica narrativa secondo la quale gli argomenti sono annunciati ed esposti secondo la figura retorica del chiasmo. L’osservazione permette di dividere il testo in due parti composte di due sezioni ciascuna (A1 - B1; B2 - A2). Nella prima parte (linee 1-4) tratta di opere di pace (A1 linee 1-3) e azioni militari (B1 linea 4). Nella seconda parte (5-35) inverte gli argomenti e tratta prima azioni militari (B2 linee 5-21) seguite dalla realizzazione di opere di pace (A2 linee 21-35).

Nella prima parte Mesha si presenta e descrive la realizzazione della sua opera principale, la costruzione dell’altoluogo in Qerihoh in onore del suo dio Kemosh (A1), perché lo ha liberato dai nemici (B1).

Le azioni militari della parte B2 descrivono le tre vittorie riportate da Mesha, presentate con un crescendo di difficoltà[22]. Le tre azioni militari occupano tre narrazioni distinte.

- La prima (linee 4-10) parla di Omri, di suo figlio, dell'oppressione di Moab e della conquista di Madaba, presa, forse, senza combattere.

- La seconda (linee 10-18) parla dei Gaditi e delle guerre contro Atarot e Nebo. Gli abitanti di Atarot furono uccisi e al loro posto furono insediati abitanti di Sharon e Maharat. Anche gli abitanti di Nebo furono sterminati, però la città dopo essere stata distrutta, non fu abitata. Mesha completa le notizie circa la distruzione di Nebo e del suo tempio raccontando soddisfatto, d’aver preso gli oggetti del culto di YHWH come bottino di guerra e di averli offerti al suo dio nazionale.

- La terza (linee 18-21) ritorna a trattare del nemico Israele, narrando la conquista della fortezza di Yahaz, base operativa del re di Israele contro Mesha stesso. In questa guerra il re si vanta per aver espugnato la fortezza con solo 200 soldati scelti.

Le opere di pace della parte A2 riguardano la ricostruzione di Qerihoh e completano la notizia interrotta nella linea 4, con la costruzione di mura di difesa, porte, torri, della reggia e della riserva d’acqua della città.

La ristrutturazione del regno prosegue elencando opere realizzate prima verso sud con la ricostruzione di Aroer e il rifacimento della strada che attraversa l’Arnon, poi verso nord, con la ricostruzione di Bet-bamot e Bezer, due località̀ situate a nord dell’Arnon.

Nella linea 30 l’iscrizione ritorna a parlare di una zona trattata in precedenza (linee 7-10), della quale dà nuovi dettagli, la ricostruzione di Madaba (cosa non detta sopra) e Bet-diblaten. Seguono due notizie lacunose, una riguardante Bet-Baal-maon (già nominata nella linea 9 con il nome Baal-maon) e l’altra riguardante Hauronen, l’unica località situata a sud dell’Arnon. La conquista di questa città può̀ essere vista come inizio della conquista di Edom da parte di Mesha.

 

Alcune ipotesi di lettura delle linee 31-32

Molti studiosi si sono dedicati alle linee 31-32 della stele, dove il testo è corrotto. Sono state formulate diverse ricostruzioni per cercare di completare il testo. In questa sezione proponiamo altre due ipotesi di lettura, la prima di A. Lemaire e la recente proposta formulata da I. Finkelstein, N. Na’aman e T. Römer.

Lemaire alla linea 31 dell'iscrizione legge che la "casa di [Da]vide" abitava in Hauronen[23], una località della regione sud-est del mar Morto a sud dell'Arnon. Secondo lo studioso il dato è importante perché Mesha, dopo aver conquistato i territori a nord dell'Arnon, che erano amministrati dal re di Israele[24], volge la sua attenzione a sud per conquistare i territori amministrati dal re di Giuda (בת [ד]וד)[25]. La lettura di Lemaire, se corretta, è di notevole interesse, perché permette di illuminare ulteriormente la storia del IX secolo a.C. e le relazioni politiche esistenti tra le case regnanti di Israele e Giuda. Dopo le conquiste e l'indipendenza celebrate con la stele, Mesha subì la reazione dei re di Israele e di Giuda che si allearono per combatterlo (2Re 3,5-8). Il re di Moab fu costretto alla guerra. Attaccato dai due re, fu definitivamente sconfitto (2Re 3,26). Secondo lo studioso la lettura storica secondo le due prospettive, quella della stele di Mesha, che celebra i successi del re di Moab, e quella biblica, che celebra quelli dei re di Israele e Giuda, conferma che i due documenti si integrano: la stele di Mesha narra le conquiste del re di Moab a danno dei re di Israele e Giuda, mentre la Bibbia narra l'epilogo della guerra contro il monarca moabita con le tragiche conseguenze della sua ribellione.

I. Finkelstein, N. Na’aman e T. Römer (FNR) non accettano la ricostruzione bt dwd[26]. È loro opinione che l’uso del nome non ha corrispondenze nell’iscrizione della stele di Tel Dan, dove bt dwd indica il regno di Giuda, nella stele di Mesha, invece, indica la dinastia di Giuda. Il re, inoltre, nomina i propri nemici in modo diverso: "Omri" nelle linee 4-5, e "Casa di Davide", un termine collettivo nella linea 31, differenza che è difficile da spiegare. In 2Re 3 racconta, infine, una campagna fallimentare dei re di Israele e Giuda nel territorio moabita a sud del fiume Arnon, in una regione dove, tra l’altro, mancano prove di possesso del territorio della debole dinastia gerosolimitana.

Il contenuto del testo tra 31b e 32a rimane sconosciuto. Alcuni studiosi hanno proposto ricostruzioni[27] che non soddisfano FNR perché secondo loro le lettere waw e dalet[28] darebbero inizio a una nuova proposizione. Ritengono inoltre, che nella riga 32 manchino nove lettere, rispetto alle sette proposte da Rainey.

Queste osservazioni spinsero FNR a rivedere il testo della linea 31. I tre studiosi confermano che le due lettere che seguono il beth erano già state erose prima della frantumazione della stele e che nessuna lettera è visibile tra beth e waw. Possono perciò concludere che: la lettera taw che segue beth della lettura di Lemaire non esiste e che la presenza di un tratto verticale tra beth e waw è comune in altre parti della stele dove il tratto separa due proposizioni. Nella maggior parte dei casi il tratto è seguito da una parola che inizia con waw, come nella linea 31. Il tratto è visibile nella linea di frattura della stele nella parte superiore della linea stessa; la lettera dopo la waw è effettivamente una dalet il cui lato sinistro è leggermente danneggiato.

Le osservazioni confutano ogni possibilità di leggere bt dwd nella riga 31. FNR propongono sia stata una parola di tre consonanti, un nome personale che inizia con beth seguito da uno spazio per due lettere mancanti e dal tratto verticale. Ritengono che il nome mancante sia Balak, il re di Moab della narrazione di Numeri 22-24. Ma ci sono pochi indizi che possano giustificare la scelta. Uno di essi si riferisce alla sede del re, Hauronen, citata nella linea 31 della stele. La località è ricordata nella Bibbia con il nome Horonaim (2 Sam 13,34-35; Is 15,5; Ger 48,3.5.34). Secondo Isaia e Geremia essa si trovava nel territorio moabita a sud dell’Arnon. L’iscrizione di Tell Deir ‘Alla confermerebbe che Balak e Balaam furono personalità storiche.[29] Balak potrebbe essere stato una figura storica e sovrano della regione a sud del fiume Arnon fino a quando Mesha conquistò il suo regno. Mesha doveva essere il sovrano di un piccolo regno situato nella regione di Dibon che si espanse a nord (nel territorio di Omri nel mishor) e a sud (nel territorio di Horonaim) per fondare il Regno di Moab su confini che riflettono i testi profetici della fine dell'VIII-inizi del VI secolo a.C.

Le linee 31b-32a, poiché corrotte, consentono di formulare diverse ipotesi. Poco prima, nella linea 31a Mesha afferma che un certo re abitava a Hauronen mentre subito dopo la parte corrotta afferma: "Kemosh mi ha detto: «Scendi, combatti contro Hauronen»". Qualora il nome di Hauronen (nella Bibbia Horonaim) sia correlato alla divinità Horon, il conflitto contro il sovrano non sarebbe che la trasposizione di una lotta tra Kemosh e Horon, una guerra santa. Il culto di Horon era celebrato a Ugarit e in Egitto; durante il primo millennio a.C. si diffuse nel Levante e nel bacino del Mediterraneo[30]. Il nome della città Beth-Horon conferma che Horon era venerato nel Canaan[31]. L'idea, tuttavia, che il divario nel testo includa una spiegazione dell'attacco di Mesha a Hauronen è ragionevole, perché lo scontro è sostenuto dalle antiche consuetudini in uso nel Vicino Oriente e nella Bibbia, con le quali si stabilisce di motivare l’offensiva mossa da un regno contro uno rivale[32]. Nella prima parte della stele Mesha giustificò l’attacco contro i territori della dinastia Omride in Transgiordania. Si può perciò presumere che la frase spezzata nelle righe 31b-32a includesse la giustificazione della manovra di Mesha contro Hauronen e il suo sovrano. Il parallelismo renderebbe ancora più plausibile l'idea di una guerra contro un re e il suo dio, in questo caso Horon, allo stesso modo in cui Kemosh e Mesha hanno trionfato su YHWH e Israele. La fine dell'iscrizione avrebbe celebrato la vittoria di Kemosh e Mesha su Horon e il suo re. La parte che completa il racconto dell'episodio di Hauronen potrebbe aver registrato il nome personale di un monarca, del quale l'autore si servì per combinare la cronaca della stele con elementi ereditati dalla tradizione orale antica e conferire senso e autenticità alla storia e alla narrazione.

 

Note

1  Per la storicità della guerra tra i due regni si veda C.D. Ginsburg, The Moabite Stone, 17-19; J.A. Emerton, "The Value", 483-492; T.L. Thompson, "Mesha and Questions of Historicity", 241-260; M.J. Suriano, "The Historicality", 101-104.

2  A. Niccacci, La stele di Mesha, 2-4.

3  A. Niccacci propone che Qerihoh sia un nuovo quartiere o la cittadella di Dibon (A. Niccacci, La stele di Mesha, 15; cfr. P.A. Kaswalder, Onomastica, 103).

4  Toponimo identificato con Ma‘in (P.A. Kaswalder, Onomastica, 103).

5  Toponimo identificato con Khirbet el-Qureyeh, un sito 9 km a ovest di Madaba (P.A. Kaswalder, Onomastica, 104).

6  Toponimo identificato con Khirbet ‘Ataruṣ, che si trova lungo la strada tra Libb e Macheronte (P.A. Kaswalder, Onomastica, 104).

7  P. Kaswalder traduce: "Trasportai da lì l'altare? di Davide" (P.A. Kaswalder, Onomastica, 100).

8  Sharon e Maharat non sono ancora stati identificati (P.A. Kaswalder, Onomastica, 105).

9  Nebo è identificato con Khirbet el-Mukhayyet, la città di Nebo (P.A. Kaswalder, Onomastica, 105).

10  L'identificazione di Yahaz è incerta e si propone una località situata tra Madaba e Dibon (P.A. Kaswalder, Onomastica, 105-106).

11  Aroer è identificato con Khirbet ‘Ara‘ir (P.A. Kaswalder, Onomastica, 106).

12  Arnon è identificato con il wadi Mujib (P.A. Kaswalder, Onomastica, 106).

13  Bet-bamot e Bezer non sono ancora state identificate (P.A. Kaswalder, Onomastica, 107).

14  A. Lemaire propone la ricostruzione [bt.mhd]b’ "[il tempio di Mada]ba". Anche i toponimi successivi sono interpretati allo stesso modo, "il tempio di Diblaten e il tempio di Baal-Meon" (A. Lemaire, "House of David", 33). A. Niccacci ritiene che l’elemento bt che compare nei toponimi successivi, sia componente del nome geografico (Bet-diblaten, Bet-Baal-maon) e dubita che l’espressione come w’nk.bnty ... wbt.dbltn possa tradursi: “ho costruito ... e il tempio di Diblaten”, come suggerisce Lemaire, mentre dovrebbe comparire piuttosto: “il tempio del dio x in Diblaten” (A. Niccacci, La stele di Mesha, 4).

15  Hauronen (Horonen) è stato identificato con Tell Meidan che si trova lungo la salita che dal Mar Morto sale e al-Kerak (P.A. Kaswalder, Onomastica, 108).

16  Nella linea 17 si legge hḥrm (C.D. Ginsburg, The Moabite Stone, 6; A. Niccacci, La stele di Mesha, 229).

17  La costruzione del luogo sacro (bama) si trova all'inizio dell'iscrizione e non nelle linee 21-26 dove Mesha elenca una serie di opere realizzate dopo la conquista di Nebo. Secondo L.A. Monroe la menzione posta all'inizio ha valore simbolico perché è l'opera più importante che il sovrano realizza, e con la quale attribuisce il successo a Kemosh (cfr. L.A. Monroe, "Israelite, Moabite", 325).

18  Cfr. L.A. Monroe, "Israelite, Moabite", 322-326.

19  Sono stati ritrovati luoghi di culto riconducibili agli israeliti ad Arad, Beersheva (cfr. Am 8,14), Hazor, Betel, Tel Dan.

20  Secondo Ginsburg l'uso antico di nominare il nome di Dio precede quelli imposti dalla legislazione successiva, la quale concede di pronunciarlo solo in alcune circostanze: presso il tempio durante la benedizione sacerdotale, nel giorno di kippur e in qualche altra rara occasione. C.D. Ginsburg, The Moabite Stone, 22 dove cita rispettivamente Mishna, Sota 7,6; Mishna, Yoma 6,2; Mishna, Sanhedrin 7,5; 10,1.

21  A. Lemaire, "House of David", 37.

22  A. Niccacci non intende dire che la stele descriva diverse fasi di un’unica guerra o che i fatti si svolsero in quest’ordine cronologico, ma lo studioso segue la logica del racconto. A tal ragione i commentatori moderni ritengono che la stele non segua l’ordine cronologico dei fatti e che tra i vari episodi poterono intercorrere alcuni anni (A. Niccacci, La stele di Mesha, 15, nota 47).

23  Nella parte finale della linea 31 A. Lemaire legge “casa [di Da]vid”. Tra parentesi sono riportate le integrazioni del testo mancante, che nella stele è danneggiato o corrotto. C. Clermont-Ganneau, che per primo studiò la stele, propose di leggere b[--]wd (ב--וד). In seguito due studiosi, M. Lidzbarski e R. Dussard, analizzando attentamente la scrittura della stele, identificarono tracce di una t (ת) dopo la b, proponendo di leggere bt[-]wd (בת-וד). Lemaire integrò la parte mancante con una d (ד) per leggere bt (d)wd בת [ד]וד, "casa di Davide". Nella stele di Dan c'è la menzione della "casa di Davide", dove "casa" è scritta byt mentre la stele di Mesha riporta bt. Stando a Lemaire tale discordanza non pone difficoltà perché ambedue le forme sono attestate nella stele di Mesha: bt nelle linee 7,23,27,30 e byt nella linea 25 (A. Lemaire, "House of David", 33-36; cfr. A. Niccacci, La stele di Mesha, 228-231).

24  Secondo Num 32-37-38, "Madaba", "Baal-Meon", "Kiriatàim", località citate dalla stele, sono città di Ruben che in seguito divennero parte del territorio di Gad (Gs 21,39; 1Cr 6,65-66; cfr. Stele di Mesha, linea 10).

25  Nell'Antico Testamento la "Casa di Davide" è sinonimo di "re di Giuda" (2Sam 7,26; 1Re 2,24).

26  Per questa parte si veda l'articolo I. Finkelstein, "Restoring", 5-9.

27  Cfr. I. Finkelstein, "Restoring", 3-5.

28  Per Lemaire le due lettere, con l'integrazione di dalet indicano il nome "David".

29  R. Zadok, "Notes", 190.

30  C. Lilyquist, "On the Introduction", 92-99; U. Rüterswörden, "Horon", 425-426.

31  M. Görg, "Bet-Horon", 283-284.

32  N. Na’aman, "Echoes", 190.

 

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Figure 1 e 2: C.D. Ginsburg, The Moabite Stone, 6 e 9. Foto: M. Luca.